giovedì 29 settembre 2011

Verso il congresso del Prc. Parla Paolo Ferrero (doc1)

Due giorni dopo il Cpn che ha definito tempi e modalità della fase congressuale, Paolo Ferrero interviene, proponendo un ragionamento che tiene insieme il tema della crisi con le proposte di Rifondazione comunista. Parli spesso di “crisi costituente”. Cosa intendi?
E’ una crisi che cambierà tutto, che “costituirà” una nuova realtà delle cose. Non ci troviamo dinnanzi ad una crisi ciclica, ma del capitalismo in quanto tale. Questo vuol dire che per uscire dalla crisi occorre cambiare radicalmente politiche economiche e quindi demolire privilegi ed equilibri di potere costruiti in 25 anni di neo liberismo. Occorre discontinuità perché sono proprio le politiche neoliberiste che hanno portato alla crisi. Le classi dominanti, che non sono disponibili a cedere potere e privilegi, stanno al contrario reagendo con la demolizione delle conquiste di civiltà di questi 60 anni di dopo guerra. Non sono solo sotto attacco i diritti sociali, ma anche la democrazia. In questo senso dico “costituente”, perché non se ne può uscire come ne siamo entrati. Ne usciremo da destra con una nuova “barbarie” o da sinistra, con maggior giustizia sociale e l’allargamento della democrazia, a partire da quella partecipata.

Come spiegheresti ad una delle tante persone stremate dalla crisi, magari ad un giovane o ad una giovane di 20 anni l’attualità e l’utilità del comunismo?
Si ripropone l’attualità del comunismo in quanto il capitalismo non è in grado di garantire lo sviluppo sociale e civile. Aver messo al centro il profitto, l’accaparramento privato delle risorse, il mercato, la finanza, ha generato la crisi e tende a produrre guerre e distruzione ambientale. Questo capitalismo non sa usare razionalmente le risorse sociali e materiali, non traduce in progresso sociale il progresso scientifico, anzi produce regressione. Occorre quindi uscire dal capitalismo per costruire una gestione democratica ed egualitaria dell’economia, una sua riconversione ambientale e sociale. Comunismo come gestione democratica delle potenzialità che già oggi ci sono per costruire una società senza classi sociali che veda il libero sviluppo i ogni essere umano. Nel documento congressuale abbiamo sottolineato come l’ideogramma cinese che esprime la parola crisi sia composto da due segni. Uno che significa pericolo e l’altro opportunità. Il pericolo è la prosecuzione delle politiche neoliberiste, l’opportunità è il comunismo.

Si deve essere rivolti a quanto accade fuori e contemporaneamente lavorare al congresso.
Abbiamo davanti due obiettivi. Il primo è la cacciata di Berlusconi, evitando qualsiasi governo tecnico che sarebbe socialmente irresponsabile e applicherebbe semplicemente i diktat dell’Ue, cioè delle banche e del padronato. Per questo proponiamo a tutte le forze del centro sinistra una mobilitazione per andare subito ad elezioni. Il secondo è la costruzione di un movimento di massa antiliberista, capace di battersi contro questo governo, ma anche contro le proposte della Marcegaglia e della Bce. Per questo il 15 ottobre saremo in piazza e consideriamo quella una manifestazione importantissima. Perché ha una dimensione europea ed è stata lanciata dagli indignados spagnoli su una chiara piattaforma antiliberista che ci fa uscire da una discussione provincialistica sui processi del premier. Questi sono un problema, ma certo non il principale. In questo quadro proponiamo di dar vita ad una “costituente dei beni comuni e del lavoro”. Occorre collegare, in una rete di relazioni stabili, il complesso di forze piccole e grandi che danno vita al movimento e che pongono l’obiettivo di uscire dal neo liberismo. Manca oggi un punto di vista unitario di tutte le esperienze, dal movimento dell’acqua, al No-Tav, al sindacato conflittuale, alle associazioni, ai comitati: dobbiamo costruirlo per dare continuità al movimento. Gli avversari sono gli stessi per tutti i movimenti, dobbiamo costruire un’azione comune.

Nel documento emerge il quadro di una crisi globale in cui stanno crescendo, in gran parte del mondo risposte alternative e di massa che faticano a divenire opzione politica.
Questo problema c’è, anche perché predomina ancora la mistificazione sulla crisi, le fandonie di cui ci hanno riempito la testa. Non c’è ancora una comprensione di massa del fatto che i problemi si chiamano neoliberismo e capitalismo. L’ideologia dominante continua ad essere quella del pensiero unico anche se le sue realizzazioni sono fallite. Occorre quindi spiegare il fallimento del neo liberismo, produrre una critica di massa dell’economia politica. Per dare risposte giuste occorre capire bene il problema e su questo costruire la forza necessaria per battere i capitalisti che difendono i loro privilegi.

Nel documento si propone l’idea del Fronte democratico e del polo alternativo della sinistra. Come rendere effettivi questi percorsi?
Sono proposte che agiscono su due piani diversi. Il fronte lo proponiamo nella situazione attuale, con questa legge elettorale bipolare, per battere le destre e cacciarle all’opposizione. Una necessità inderogabile per potersi porre l’obiettivo di difendere la democrazia, le conquiste sociali e superare il bipolarismo. Sia chiaro, non sto dicendo che la sconfitta delle destre, di per sè, determini l’alternativa – non a caso non riteniamo possibile la partecipazione al governo - ma che può creare condizioni più favorevoli per lavorarci.
Il polo della sinistra di alternativa invece è la proposta strategica di fondo, perché l’assenza di una sinistra alternativa larga e plurale è il vero problema che abbiamo. La nostra proposta, che avanziamo sia all’interno della Federazione, sia alle altre forze politiche sociali e di movimento, è quella della realizzazione di un polo autonomo dal centro sinistra, fuori dal nuovo Ulivo.

Tu poni spesso il tema della centralità delle primarie di programma
E’ inaccettabile che chi si è riconosciuto in questi anni nelle lotte per i beni comuni, che ha promosso vertenze locali e nazionali, quando arrivano le elezioni non conta più nulla: può solo votare. Noi proponiamo al contrario che lo schieramento che si oppone a Berlusconi organizzi le primarie sul programma: pochi punti qualificanti (la guerra, la patrimoniale, la legge 30 ecc…) con quesiti secchi, un sì o un no, con decisioni vincolanti. Per far sì che il popolo dell’opposizione possa decidere cosa si deve fare incrinando la separatezza folle della politica. Il profilo dello schieramento contro le destre deve diventare oggetto di battaglia politica di massa.

Ritieni che non basti la scelta del candidato premier?
La scelta del leader non risolve questi problemi. Neanche Obama, che ha un potere infinitamente superiore al nostro presidente del consiglio, ha mantenuto le promesse, perché i parlamentari pesano e molto. Il problema non è solo il profilo del presidente ma cosa si impegna a fare la maggioranza. Se i parlamentari fossero vincolati da un mandato di massa ad alcuni punti fondamentali, almeno su questi non potrebbero tornare indietro. Non accadrebbe quanto avvenuto con il governo Prodi, dove bastavano quattro assenze e le parti positive del programma non passavano.

Uno dei temi molto discussi è quello della Federazione. Come poter far compiere il salto in avanti necessario?
La Fds è un primo passo che abbiamo fatto verso l’unità delle forze della sinistra. Dobbiamo farla funzionare molto meglio di come è stato finora migliorando democrazia interna e capacità di iniziativa politica. Quindi avanziamo dentro e fuori la Federazione l’esigenza di un salto di qualità nella costruzione della sinistra di alternativa. Non dobbiamo chiudere la Federazione fra i quattro soggetti che l’hanno fatta partire, ma dobbiamo saperla allargare.

Quale è a tuo avviso lo stato del partito che va a congresso?
Da un lato un partito molto provato: la scissione, anni molto duri in trincea, oscuramento mediatico totale. Adesso, nella crisi, si inizia a vedere una situazione in movimento, realtà locali che hanno cominciato a far politica molto bene, accanto a realtà molto deboli e gracili. Occorre quindi dare una mano ai più deboli e a sviluppare le realtà dinamiche. Penso alla realtà Napoletana, che è in grandissimo movimento anche grazie alla vittoria elettorale, oppure al Nordest dove c’è un bel lavoro di massa operaio e sindacale. Radicamento sociale, costruzione del partito sociale e lotta all’oscuramento mediatico sono i punti su cui articolare il progetto politico che abbiamo messo alla base del congresso.

Prova ad indicare, in due parole, qual è il senso di fondo della Rifondazione comunista
La ricostruzione di un partito comunista e di una sinistra di alternativa che abbiano al centro il protagonismo dei lavoratori e dei movimenti; la ricostruzione sociale, dal basso, di una alternativa di società. La passivizzazione di massa non la si rompe con il leaderismo, ma con la capacità di mettere a valore l’esperienza e l’impegno degli uomini e delle donne.
Stefano Galieni

Fonte: Liberazione

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