venerdì 16 settembre 2011

Patrimoniale day, contro la crisi giustizia sociale

Massimo Rossi

Tutti ne parlano, noi la vogliamo fare sul serio. È la patrimoniale, la tassa sulle grandi ricchezze. Qualcosa di talmente elementare che, dentro questa crisi economica furibonda, è riuscita a fare capolino persino nei discorsi di “padroni” come Luca Montezemolo o di loro sodali come Giuliano Amato, tanto è evidente che allargare la forbice della già vertiginosa ingiustizia sociale significa far sprofondare ulteriormente la crisi economica; vuol dire, in sostanza, tagliare da parte dei ricchi il ramo su cui sono seduti. Ma tant’è dato l’imbarbarimento in atto.
La verità, però, è che proporre una patrimoniale sopra i 10 milioni di euro come fa Montezemolo, oppure «una tantum» come suggerisce il dottor sottile, significa parlare d’altro. Parlarne appunto, per poi non farne nulla. Per noi della Federazione della Sinistra la patrimoniale è una misura permanente che deve colpire tutti i patrimoni sopra il milione di euro. Uno strumento concreto di redistribuzione della ricchezza, che toglie in alto per alleggerire in basso la tassazione sui lavoratori, sui pensionati, sui giovani, al fine di aumentare immediatamente salari e pensioni ed istituire un reddito sociale per disoccupati e precari.

Un’idea alla quale crediamo da tempi non sospetti, tanto da farne il fulcro della raccolta firme per un’altra manovra economica, che abbiamo chiamato «L’alternativa c’è». Proprio domenica 18 settembre in tutte le piazze d’Italia si terrà il Patrimoniale Day. Presso i nostri banchetti si potrà firmare per la tassa sui grandi patrimoni, appunto, ma anche per il dimezzamento delle spese militari e delle indennità delle caste, per mettere un tetto agli stipendi dei manager e ottenere la restituzione dei finanziamenti pubblici dalle aziende che delocalizzano, per il blocco delle grandi opere inutili come la Tav in Val di Susa e il Ponte sullo Stretto, e per destinarne le risorse liberate dalla patrimoniale e dalla lotta all’evasione fiscale alle persone in difficoltà e alla riconversione ecologica dell’economia. Qualcuno osserverà magari che non basta una firma a cambiare la manovra economica. A questa obiezione va replicato che è discriminante l’uso che noi facciamo di questa nostra petizione popolare. Lo dimostra, ad esempio, la raccolta firme per il referendum promosso da Veltroni, Prodi, Sel e Idv: oltre che dannoso, perché ripropone il sistema elettorale maggioritario e bipolarista, con i candidati paracadutati dall’alto nei collegi e già scritti sulla scheda alla faccia della volontà degli elettori, quel referendum è probabilmente inammissibile dalla Corte, rivelando così la sua natura strumentale e propagandistica.

 Al contrario, lo spirito dei nostri banchetti non si esaurisce nella necessità di rimettere al centro del dibattito pubblico, quello che si fa nelle strade e non nei salotti televisivi, alcuni temi concreti come la distribuzione della ricchezza, la tutela del lavoro, gli sprechi di Stato.
Questa raccolta firme vuole anche segnare l’avvio di un percorso di lotte che dovranno caratterizzare l’autunno alle porte, e che vede nella manifestazione europea del prossimo 15 ottobre una tappa fondamentale. Quel giorno sarà in campo, per la prima volta dallo scoppio della crisi nel 2008, una mobilitazione che ha finalmente scelto di uscire dai confini nazionali, indicando l’obiettivo da colpire nelle logiche liberiste di soggetti sovrannazionali come la Commissione Europea, la Banca Centrale Europea, il Fondo Monetario Internazionale, i grandi gruppi finanziari e le corporation multinazionali. Sono queste che hanno impostato, a suon di ricatti, le linee guida delle manovre economiche “lacrime e sangue” promosse di questi tempi dalla maggior parte dei paesi europei. L’arma del debito pubblico – sulla cui accumulazione di natura illecita dobbiamo fare tutti uno sforzo di denuncia – è diventata il pretesto per stringere il cappio intorno ai popoli d’Europa, ai quali toccherebbe di pagare una crisi creata ai piani alti della finanza e del capitalismo.
Su questo impianto da rapina, ancora una volta, il governo Berlusconi ha aggiunto del suo, operando scientificamente tagli devastanti alle risorse degli Enti locali e a tutto ciò che è servizio pubblico, smentendo così spudoratamente (e violando giuridicamente) l’esito dei referendum di giugno con una nuova ondata di privatizzazioni, lasciando inalterati i privilegi di parlamentari e autorità ecclesiastiche, e attaccando in maniera incostituzionale lo Statuto dei lavoratori con il famigerato articolo 8.

Ma ciò che manifesta quanto l’avidità del potere possa diventare criminale è il fatto che pur di non far pagare la patrimoniale alla parte “che conta” di questo Paese, questo governo arrivi persino a scaricare la crisi sulle spalle già piegate della parte più sofferente della popolazione (disabili, bambini in difficoltà, anziani, non autosufficienti) ai cui danni dovranno essere recuperati ben 40 miliardi di euro in tre anni, come prevede la sciagurata «delega per la riforma assistenziale e fiscale» contenuta nelle manovre in atto; danni che si aggiungeranno al taglio dei servizi sociali conseguente al suddetto strangolamento degli enti locali.
Così come «grida vendetta» già solo l’ipotesi del colpo di grazia al sistema previdenziale, su cui sembra che il governo stia lavorando in queste ore nell’ambito delle riforme strutturali «necessarie ad ingraziarsi i mercati». L’ipotesi è quella di spaccare le ossa del sistema pensionistico dopo averne divorato qualsiasi polpa residua, con la sostanziale eliminazione della pensione per anzianità. Un furto a mano armata di risorse, di diritti acquisiti e di vita che rappresenterebbe un’ulteriore devastante patrimoniale alla rovescia.
Di fronte a misure così gravi e irreparabili siamo pertanto chiamati nei prossimi mesi a un impegno straordinario, al quale il Patrimoniale Day può fare da scintilla. La battaglia per la tassa sui grandi patrimoni, infatti, ha un duplice valore: da un lato, più immediatamente, contesta una manovra del Governo fatta solo nella logica recessiva dei tagli e non in quella dell’equità sociale; dall’altro, assume un valore di prospettiva, indicando che, dopo almeno tre decenni di neoliberismo nei quali la ricchezza passata dal lavoro al capitale ha assunto dimensioni enormi, oggi è il tempo di mettere in discussione tutto ciò e di invertire la rotta. In questo senso, una firma per la patrimoniale è una firma messa sull’avvio di una nuova stagione di conflitto.

Fonte: Federazione della Sinistra 

Domani 17 ottobre ci troverete in Piazza Castello a Torino. Dalla prossima settimana i nostri banchetti saranno in tutta Torino e provincia.

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