Nel novembre del duemiladieci circa mille e cinquecento torinesi firmarono un appello all'allora sindaco di Torino Sergio Chiamparino affinché non privatizzasse il Gruppo Trasporto Torinesi, la società appartenente al Comune che gestisce la mobilità locale con un discreto successo.
Molti volti noti misero il proprio nome in calce al lungo documento che rivendicava l'indisponibilità di un bene comune come il trasporto pubblico. Sindacalisti, docenti universitari, ed anche uomini e donne della politica oggi approdati nella giunta Fassino. Che però proprio in questi giorni sta varando non solo la privatizzazione della Gtt ma anche della Trm, la società che ha costruito il nuovo iper inceneritore della città, e l'Amiat, dedita alla raccolta rifiuti. Nelle settimane passate Liberazione aveva anticipato l'intenzione della giunta sabauda, una ammucchiata che va dai moderati ultraliberisti ai compagni di Sel, di vendere parte del patrimonio pubblico per fare cassa. La crisi morde, non ci sono soldi per la spesa corrente, questa la ragione ufficiale un po' di tutti.
Così, senza colpo ferire, sul mercato verrà piazzato il quaranta per cento delle tre municipalizzate.
Una manovra ambigua perché il Comune venderà a se stesso, cioè alla la Fct (Finanziaria Comune di Torino), totalmente pubblica. I soldi di nuovi prestiti contratti da Fct per comprare verranno così girati al Comune. Cosa accadrà dopo non è chiaro ma probabilmente la Fct metterà sul mercato le sue quote. A chi? Le fondazioni bancarie, in primis Crt e San Paolo, i due veri poteri forti della città, sono le favorite.
In mano ai privati potrebbe finire così una quota non di maggioranza, ma che ovviamente influenzerà la gestione di tre servizi essenziali per i cittadini in senso speculativo: chi investe denaro proprio vuole guadagnare e non mantenere basso il prezzo del biglietto del bus per aiutare la fascia debole della città. Il prezzo del biglietto di bus, tram e metro aumenterà probabilmente del cinquanta per cento.
Ma la vera sorpresa consiste nella cifra che entrerà dentro le casse della giunta Fassino: appena duecento milioni di euro. I famosi denari sporchi, maledetti ma immediati. Le tre aziende varrebbero, secondo tre banche diverse, tra i cinquecento ed i settecento milioni di euro. Il solo inceneritore del Gerbido, non ancora ultimato, è costato cinquecento cinquanta milioni di euro. Stesso discorso per le due nuove linee metropolitane appena ultimate. Sono i due gioielli della Torino post olimpica.
La deliberà definitiva verrà approvata lunedì prossimo. E questo è l'oggi. Ma c'è anche un domani. Perché chi quella deliberà la approverà politicamente, chi è interno alla giunta Fassino e non ha alcuna intenzione di abbandonarla, cerca di rattoppare la situazione con manifestazione di protesta ed improbabili incontri con al cittadinanza. In una riunione di indirizzo presentata al Forum italiano dei movimenti per l’acqua, Comitato provinciale Acqua Pubblica Torino, i dirigenti locali di Sel hanno però spiegato quali siano le linee di intervento volte a mitigare l'impatto della privatizzazione: innanzitutto nominali, da Finanziaria Comune di Torino Srl a Beni Comuni Torino Srl. Per quanto riguarda a chi vendere le quote un tempo pubbliche le idee del partito di Vendola sono altrettanto chiare: azionariato diffuso a cittadini ed associazioni, nonché a “lavoratori che potrebbero essere coinvolti nei meccanismi di governance come suggerito da molte esperienze straniere, anche recenti (da ultimo il caso Chrysler-FIAT).” Se non si trova nessun piccolo azionista le fondazioni bancarie legate al territorio, sono preferibili- sempre secondo i dirigenti di Sel locali- al socio privato industriale.
Mariangela Rosolen è una delle promotrici del Comitato Piemontese Acqua Bene Comune commenta: “Siamo sconcertati dall'operazione della giunta Fassino, nonché dalla spregiudicata politica di Sel. Le proposte di questo gruppo consigliare non sono assolutamente condivise dal nostro comitato. Chiediamo, a tutti, il pieno rispetto dell'esito referendario ovvero nessuna privatizzazione di servizi pubblici, nemmeno parziale.”
Nettamente contrario anche Armando Petrini, segretario regionale Prc: “Di fronte alla gravità e alla drammaticità della crisi economica, ciò che più colpisce è la pervicacia con la quale alcuni, e fra di essi purtroppo il Sindaco di Torino, perseverano nel riproporre le stesse ricette che ci hanno portato nelle condizioni attuali. Il processo di privatizzazione dei servizi pubblici, riproposto come un mantra negli ultimi vent’anni, è stato precisamente uno dei capo saldi dell’ideologia neoliberista.
Andrebbe fatto piuttosto il contrario, e cioè un piano di ri pubblicizzazione dei servizi. Non è fantascienza, il Comune di Napoli ha appena approvato una delibera in tale senso per ciò che riguarda l’acqua.”
Fonte: Liberazione
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