Recandosi alla sede centrale della Posta, in via Alfieri, si viene colti da disorientamento e stupore. Certi di varcare il portone del palazzo postale per pagare bollette, inviare pacchi e raccomandate, compilare vaglia, ci si trova invece, messo piede al di là della soglia, in una sorta di casa da gioco modello Las Vegas.
L’occhio del cittadino che accede agli sportelli postali con il modulo in mano, e magari dalla mente già angosciata dal dover essere in procinto di pagare utenze e multe, cade subito su un coloratissimo distributore automatico di “Gratta e Vinci” posto nell’atrio di attesa agli sportelli, in adiacenza dell’ingresso, per poi potersi posare, l’occhio medesimo, su tutti gli sportelli stessi dotati, in bella vista, di ampi inviti al gioco del Monopolio statale.
Non solo. All’atto dello svolgimento della propria pratica, l’impiegato, che non ha colpa se non quella di dover ubbidire ai superiori, suggerisce gentilmente l’acquisto di un biglietto “Gratta e Vinci” al fine di tentare la fortuna.
Sinceramente tutto il meccanismo sembra incentrato su creare la tentazione del gioco verso persone che, in gran parte, fanno spesso fatica a mettere insieme i soldi per saldare le fatture per cui si trovano in Posta.
In un Paese che la morale su mille cose, trovo strano da non moralista quale sono, che venga permesso un uso di tal genere degli uffici postali nazionali. Si direbbe, questo elemento, frutto di un moralismo a senso alternato: spietato con chi ammette di aver occasionalmente fatto uso di sostanze stupefacenti, ricordo la vicenda del cantante Morgan a cui venne negata la presenza a San Remo, ma estremamente tollerante su chi stimola la dipendenza al gioco d’azzardo. Anzi lo Stato stesso, e gli enti di cui è parte, sembra diventare fautore di un vizio che ha regalato fortune a pochi e drammi ai più.
Come spiegare tali pesanti contraddizioni?
Fonte: Carta Straccia
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