giovedì 26 gennaio 2012

EZIO LOCATELLI (PRC-FDS): SOLIDARIETA’ E SOSTEGNO AL MOVIMENTO NO TAV

Ezio Locatelli, segretario provinciale di Rifondazione Comunista-Fds di Torino

Dopo la militarizzazione della Val di Susa si è 
deciso di attuare la criminalizzazione di qualsiasi forma di resistenza alla distruzione di un intero territorio relativamente alla realizzazione di un’opera dissennata e speculativa qual è la Tav. Il vero obbiettivo delle quaranta misure cautelari nei confronti di altrettanti attivisti No Tav è quello di mettere al palo il movimento No Tav in Val di Susa e di far fuori la rete di solidarietà che intorno a questo movimento si è andato costituendo in tutta Italia. Fra le persone oggetto di avviso di garanzia e di provvedimento cautelare Andrea Vitali, responsabile organizzativo Prc di Torino a cui va la nostra piena solidarietà. La migliore risposta che possiamo e dobbiamo dare a questa dimostrazione di forza è di rilanciare una mobilitazione di massa, politica, pacifica. Sabato pomeriggio Rifondazione Comunista sarà in piazza a Torino insieme al movimento antitav della Val di Susa” .

Torino, 26 gennaio 2012

martedì 24 gennaio 2012

SI GARANTISCA UN FUTURO AI LAVORATORI EX WAGON LITS

Rifondazione Comunista e la Federazione della Sinistra hanno partecipato alla manifestazione dei lavoratori Servirail (ex Wagon Lits) in piazza Castello, con i propri militanti, il segretario provinciale Ezio Locatelli, il segretario regionale Armando Petrini e la consigliera regionale Eleonora Artesio.

“Sosteniamo e supportiamo le ragioni dei 65 lavoratori licenziati da Trenitalia che da settimane sono in presidio permanente per difendere il proprio posto di lavoro e un servizio indispensabile per chi ha la necessità di attraversare l’Italia a prezzi accessibili”.

“E’ scandaloso che nel deposito Lingotto vi siano un centinaio di vagoni letto inutilizzati e in stato di abbandono: si tratta di un patrimonio pagato con i soldi pubblici lasciato in completa dismissione”.

“La soppressione del servizio “vagone letto”, i tagli ai treni per i pendolari e le risorse per l’alta velocità fanno parte delle stesso modello di mobilità che noi contestiamo alle radici. E' necessario che lavoratori Wagon Lits, pendolari e No Tav possano trovare momenti di incontro e sintesi per far valere congiuntamente le proprie ragioni”.

“Sollecitiamo infine le istituzioni locali ad intervenire con Trenitalia per garantire un futuro agli 800 lavoratori ex wagon-lits in Italia e il ripristino di un servizio molto utile agli utenti, come testimoniano le migliaia di adesioni alla raccolta firme per chiederne la riattivazione”.

“Per questo abbiamo presentato un’interrogazione in Consiglio Regionale affinché la Giunta aderisca all’ iniziativa di altre regioni del Sud Italia che hanno avviato iniziative di proteste, non escludendo quelle giudiziarie nei confronti di Trenitalia. Inoltre la Regione deve trovare soluzioni per la tutela dei lavoratori coinvolti, ripristinando ad esempio forme di sostegno al reddito”.


venerdì 20 gennaio 2012

I giovani italiani sempre più disoccupati

Allarme giovani in Italia record di inattivi in Europa ci batte solo la Bulgaria
Luisa Grion – la Repubblica 20/01/2012

Troppi ragazzi a spasso e troppe giovani donne che ancora non sanno cosa fare della loro vita. Tanti disoccupati che restano al palo per mesi e mesi prima di trovare un´altra occupazione; un 12,3 per cento di lavoratori sommersi che produce e vive completamente «in nero» e una media esorbitante di abbandoni scolastici – quasi il 19 per cento – che ci relega agli ultimi posti della classifica europea. In Italia non tutto è disastroso, qualcosa di buono è rimasto (la capacità di esportare) e su qualcos´altro stiamo migliorando (aumentano gli asili nido e diminuisce la violenza). Ma guardando al ritratto in cento statistiche appena pubblicato dall´Istat due aspetti balzano all´evidenza: il dramma generazionale e i dirompenti effetti della crisi.

Un futuro da Neet

Hanno fra i 15 e i 29 anni, non lavorano, non studiano, non fanno formazione: nel migliore dei casi, quindi, sono a spasso. Si tratta dei Neet (not in education, employment or traing), un fenomeno ormai conosciuto che “Noi Italia”, il rapporto dell´Istat, dà però in netta crescita. Sono oltre due milioni di giovani che si trovano in queste condizioni, il 22,1 per cento del totale (che diventa 24,9 nelle femmine) e la tendenza – dopo una leggera regressione fra il 2005 e il 2009 – è in netta crescita. Peggio di noi, in Europa, fa solo la Bulgaria (media del 23,6 per cento), la Francia si ferma al 14,6, la Germania non arriva all´11. Il dato, letto assieme a quello sulla disoccupazione giovanile (27,8 per cento), lascia pochi dubbi: è da qui che bisogna ripartire, magari puntando all´istruzione. Oltre che per l´alto tasso di abbandono scolastico l´Italia si distingue infatti anche per il basso livello di studi: fra i trenta-trentaquattrenni solo uno su cinque è laureato. Il 19,8 per cento del totale contro una media Ue del 33,6.

La disoccupazione lunga

Se i giovani sono scoraggiati i disoccupati non sono da meno perché, perso un lavoro, per trovarne un altro devono attendere mesi e mesi e non è affatto detto che trovino risposta. In Italia, certifica l´Istat, la disoccupazione di lungo periodo sta aumentando: oltre il 48,5 per cento dei “senza lavoro” resta tale per più di un anno. Se la crisi ha reso le condizioni più difficili per tutti e molti altri Paesi stanno sopra la media del 40 per cento (Germania compresa), in Italia il peggioramento è stato più evidente: fra il 2009 e il 2010 la disoccupazione di lungo periodo è aumentata di oltre quattro punti.

I sommersi

Al dramma del lavoro che non c´è, segnala l´Istat, va aggiunto quello del lavoro nero. In Italia c´è una quota di lavoro irregolare pari al 12,3 per cento. Ma guardando al Sud, ben un occupato su 5 è fuori da ogni regola (uno su 4, limitando l´analisi all´agricoltura). L´economia sommersa, precisa il presidente dell´Istat Enrico Giovannini ,«viene stimata al 17 per cento del Pil, quota che arriva al 20 se non calcoliamo la Pubblica Amministrazione, settore dove praticamente non c´è lavoro nero». Ma in alcuni settori – come alberghi, pubblici servizi (leggi bar) e assistenza alla persona (badanti, lezioni private) – il sommerso arriva al 57 per cento.

Fonte: Giovani Comunisti Toscana

venerdì 13 gennaio 2012

Piena solidarietà agli studenti che hanno occupato a Torino la residenza EDISU

La Federazione della Sinistra esprime tutta la propria solidarietà agli studenti che occupano da ieri la residenza dell'Edisu di Via Verdi.

La scelta della Regione Piemonte di azzerare i fondi destinati alle borse di studio è gravissima.
Non soltanto diverse migliaia di studenti già dichiarati idonei non potranno usufruire di un diritto acquisito, ma -quel che è per certi aspetti ancora più grave- in questo modo si mette in discussione un diritto costituzionale,
il diritto allo studio, che dovrebbe trovare al contrario nelle Regioni il proprio garante.

La scelta della Regione Piemonte è una scelta politica. Una scelta che va nella direzione dello smantellamento progressivo dell'Ente per il Diritto allo Studio.

Proporre, come fa l'Assessore Maccanti, di passare al sistema del Prestito d'Onore, significa innanzi tutto non sapere che quel sistema non sta funzionando nei paesi dove è stato introdotto (per esempio la Gran
Bretagna).

In secondo luogo significa non capire, o far finta di non capire, che un conto è erogare borse di studio a studenti meritevoli e in difficoltà economiche (il sistema attuale), contribuendo così a garantire il diritto
allo studio, un altro conto è prestare dei soldi che dovranno poi essere rimborsati una volta laureati (il prestito d'onore). Non sembra esattamente un incoraggiamento allo studio prospettare agli studenti un ingresso nel
mondo del lavoro con un debito sulle spalle di cui potranno sgravarsi solo dopo molti anni.

E' indispensabile perciò che la Regione riveda la propria decisione, reintegrando i fondi per il diritto allo studio. I soldi ci sono, è necessaria la volontà politica.
La Federazione della Sinistra farà la propria parte fino in fondo, come ha fatto sin qui, a partire dalla discussione in Consiglio sul bilancio.

Armando Petrini
coordinatore regionale FDS Piemonte

Discorso della Unione delle Gioventù Comuniste Siriane– Gioventù Khaled Bagdash alla diciottesima Assemblea Generale del WFDY

Onorevole presidio:
Cari compagni e amici:
Su mandato del Comitato Esecutivo della Unione delle Gioventù Comuniste Siriane – Gioventù Khaled Bagdash salutiamo la diciottesima Assemblea Generale del WFDY e le auguriamo successi su tutti i fronti.
C’è una profonda crisi, nel quale versa il capitalismo, che insieme all’ostilità dell’imperialismo globale colpiscono tutti gli individui del mondo, e soprattutto le masse dei lavoratori.
Questo clima richiede un forte e compatto fronte internazionale per difendere i diritti degli uomini e dei giovani, e che si opponga all’aggressione imperialista e allo sfruttamento capitalista. Per questo è molto importante mantenere l’unità del WFDY, e il suo carattere antimperialista, e rafforzare il suo ruolo a livello internazionale. Il WFDY è una necessità urgente al giorno d’oggi per la gioventù nel mondo e le sue forze progressiste esattamente come era necessaria nel suo passato glorioso, il passato di lotte contro la dominazione imperialista per raggiungere la liberazione in campo economico, sociale e politico. Il passato di lotta gloriosa della gioventù progressista contro le aggressive guerre imperialiste per ottenere l’indipendenza e la sovranità nazionale, per i diritti e gli interessi della gente e dei giovani, per la giustizia sociale.
Cari compagni e amici:
Le regioni del Mediterraneo dell’est e del Nord Africa stanno attraversando importanti punti di svolta storici, dove il movimento delle masse popolari si è diffuso e la lotta di classe dei lavoratori si è radicalizzata nel mondo arabo. Le masse di giovani sono state le prime a partecipare a quei movimenti che erano una reazione inevitabile alle politiche economiche neoliberiste, le politiche di impoverimento, disoccupazione e sfruttamento sistematico. Questi movimenti protestavano anche contro i regimi reazionari al potere, collegati all’imperialismo globale e a Israele sionista, quei regimi che non si sono preoccupati della sovranità nazionale, ma hanno soppresso i movimenti di massa e impoverito gli individui.
Il movimento di massa si è allargato a vari stati arabi, le rivoluzioni popolari in Egitto e Tunisia sono riuscite a rovesciare e a liberarsi di due simboli del tradimento nazionale. Ciò ha inferto un duro colpo ai programmi imperialisti nella regione, ed è considerata un importante vittoria per i movimenti di liberazione del mondo e delle nazioni arabe.
Oggi noi vediamo un contrattacco da parte dell’imperialismo e dei suoi alleati. L’imperialismo globale ha esercitato una pressione immensa per sconfiggere i movimenti di massa potendo contare su un pieno supporto e sovvenzionamento da parte dei capi di stato reazionari dei paesi del Golfo Arabo. Nel frattempo, si sono scoperte le forze che lavoravano per l’imperialismo perché hanno usato l’onda delle proteste per mettersi al servizio dell’imperialismo globale e l’alta borghesia locale (comprador). Ciò ha finito per aumentare il potere delle forze reazionarie che si sono camuffate usando la religione, specialmente nel movimento dalla forza sorprendente dei Fratelli Mussulmani. Questo è un movimento totalmente reazionario, creato dai circoli di intelligence per distruggere i movimenti di massa nei paesi arabi e per proteggere gli interessi imperalisti. E’ palese come il movimento di massa in Bahrein è stato soppresso da un intervento militare immediato supportato dal Consiglio di Cooperazione del Golfo dopo aver ottenuto l’approvazione dell’imperialismo statunitense. Noi abbiamo anche visto la criminale aggressione della Nato contro la Libia col pretesto della protezione dei civili. Questa aggressione ha ucciso decine di migliaia di individui innocenti e distrutto le infrastrutture del paese. Questa aggressione ha portato un governo fantoccio al potere in Libia; sono marionette nelle mani dell’imperialismo e non hanno nulla a che fare con la democrazia e i diritti umani. Essi servono a aiutare alcune corporazioni di monopoli a controllare la ricchezza e le risorse della Libia.
Ciò che complica la situazione è la debolezza delle organizzazioni dei lavoratori in alcuni paesi arabi e la mancanza di adeguati sindacati con orientamento di classe. Ciò è dovuto alla debolezza delle organizzazioni progressiste, e la predominanza del revisionismo e dell’opportunismo in settori vitali del movimento. Come risultato, alcune di queste organizzazioni hanno anche perso il loro carattere antimperialista e fanno riferimento, in vari modi, ai circoli imperialisti americani e europei.
Tuttavia dobbiamo ricordare le vittorie dal movimento di liberazione nazionale arabo, che ha sconfitto i programmi imperialisti americani insieme al suo alleato Israele sionista e che grazie anche ai colpi della resistenza nazionale nell’intera regione, è riuscito a opporsi al nuovo grande progetto di Medio Oriente. I colpi sono stati inferti dalla gloriosa resistenza nazionale in Iraq che ha sconfitto l’occupazione imperialista degli Stati Uniti e gli eserciti di aggressione ed è riuscita a costringerli ad una avvilente ritirata. Il secondo esempio è la resistenza nazionale del Libano che è riuscita a vincere nel 2006 la guerra contro la macchina di aggressione sionista, questo insieme all’eroica tenacia del popolo Palestinese che non ha abbandonato la sua legittima rivendicazione nazionale di ottenere uno stato indipendente con piena sovranità e i confini del 4 giugno 1967, avente capitale Gerusalemme est e il ritorno di tutti i rifugiati palestinesi nelle loro città e case.
La tenacia della Siria continua a tener testa alle pressioni e ai ricatti sionisti e imperialisti e insiste ancora per il riscatto del Golan siriano e nel rifiutare i piani di dominazione imperialista. Questa tenacia nazionale è la pietra angolare delle vittorie che sono state ottenute dai movimenti di resistenza nazionale nella regione del Mediterraneo dell’est. La Siria è la roccaforte contro i piani e progetti imperialisti nella regione, ed è il principale supporto dei movimenti di resistenza nazionale nella regione, e questo le ha causato l’ostilità degli imperialisti, dei sionisti, dei reazionari e dei traditori.
Ma le politiche economiche neoliberiste che sono state applicate negli ultimi anni hanno impoverito le masse degli individui e portato all’aumento della disoccupazione tra le fasce di giovani, inferto un duro colpo alla produzione nazionale, creando terreno fertile per l’attività delle forze reazionarie e paventando la strada agli sfortunati eventi che stanno avvenendo nel paese. Questo è ciò contro cui i comunisti siriani hanno messo in guardia e hanno lottato dovunque e in differenti modi.
Oggi il popolo e i giovani siriani si trovano a fronteggiare operazioni terroristiche, massacri e istigazione sulle varie componenti del popolo siriano; tali operazioni colpiscono civili, soldati, accademici e la gioventù attiva. Queste operazioni sono portate avanti da gruppi terroristi e forze estremiste reazionarie, soprattutto la loro organizzazione oscurantista dei Fratelli Mussulmani, con il supporto diretto di armi e campagne dei media eseguite e sovvenzionate dalle monarchie petrolifere del Golfo reazionarie e traditrici insieme all’interferenza della NATO nella regione attraverso la Turchia. Le forze traditrici, che si sono definite “l’opposizione siriana”, stanno chiedendo una no-fly zone sulla Siria così come è accaduto per la Libia, che significa permettere alla NATO di invadere e occupare la Siria: ciò è quello contro cui il popolo e i giovani siriani si oppongono e combatteranno in tutti i mezzi e le forme possibili. Per questo motivo, il Partito Comunista Siriano, e l’Unione delle Gioventù Comuniste Siriane- Gioventù Khaled Bagdash hanno organizzato molte manifestazioni e sit-in in differenti luoghi del Paese, rifiutando l’intervento imperialista negli affari interni del Paese, e per supportare la fermezza nazionale siriana.
Cari compagni e amici:
L’Unione delle Gioventù Comuniste Siriane- Gioventù Khaled Bagdash è un organizzazione giovanile di lotta di massa guidata dal socialismo scientifico e che opera sotto la guida e supervisione del Partito Comunista Siriano, fu fondata nel 1931, ha partecipato alla fondazione del WFDY nel 1945, ha portato il nome di “Unione della Gioventù Democratica in Siria” dal 1949 al 1996. Dopo di ciò ha adottato il nome di Unione della Gioventù Democratica in Siria- Gioventù Khaled Bagdash” fino al 2006, quando, sulla base dell’ottavo congresso dell’Unione, si è rinominata ancora adottando il nome attuale “Unione delle Gioventù Comuniste Siriane- Gioventù Khaled Bagdash”.
La nostra organizzazione ha lottato nel corso della sua storia in ogni campo sotto la bandiera e la guida del Partito Comunista Siriano, ha lottato per l’indipendenza nazionale, per la sovranità e la dignità nazionale e per i diritti del popolo e dei giovani siriani, sacrificato tanti martiri nella lotta di classe e nazionale, nelle battaglie contro l’aggressione imperialista e sionista nella regione, per le libertà democratiche e per le richieste del popolo dal momento dell’indipendenza; tre dei nostri compagni sono caduti nella loro lotta contro l’aggressione sionista e imperialista al Libano negli anni Ottanta. Questa identità di lotta ha aiutato la nostra Unione a ottenere il rispetto e la fiducia del popolo siriano, ed ha anche permesso alla nostra organizzazione di diffondersi in tutto il paese in tutti gli ambiti di lavoro e di studio.
Le lotte dell’Unione delle Gioventù Comuniste Siriane- Gioventù Khaled Bagdash si sono svolte con attività diretta di massa, raccolte firme, lavoro coi sindacati, unioni degli studenti e in tutti i campi di lavoro e studio per sostenere la fermezza nazionale siriana contro i piani e le cospirazioni del sionismo, dell’imperialismo e delle forze reazionarie. E anche contro le politiche economiche neoliberiste, in supporto della produzione nazionale e dei diritti sociali del popolo e dei giovani siriani, tra i quali in particolar modo l’istruzione gratuita, sanità gratuita, e opportunità di lavoro per gli individui, adeguate politiche per la casa per i giovani, e per soddisfare le domande sociali degli studenti e dei lavoratori.

Le lotte della nostra Unione si svolgono sotto il grande slogan: “difendere la patria e difendere i diritti dei giovani siriani” per far rimanere la Siria una roccaforte dei movimenti di liberazione nazionale del mondo e come una forza del fronte internazionale antimperialista.
Lunga vita alla Federazione Mondiale della Gioventù Democratica!
Lunga vita alla solidarietà internazionale!
La nostra battaglia è giusta, la vinceremo!

20 GENNAIO, CREMASCHI: "DA QUI PARTE IL MOVIMENTO OCCUPY PIAZZA AFFARI"


Cosa pensi della proposta lanciata dal Prc di accogliere con la protesta l’arrivo di Merkel e Sarkozy a Roma il 20 gennaio?
Abbiamo fatto proprio oggi una riunione del comitato “No debito” e abbiamo deciso che tutte le forze sindacali e sociali e quindi anche la Rete 28 aprile siano impegnate il 20 e il 21 in due giornate dal titolo “no debito, no Monti”. Ci saranno anche altre iniziative di mobilitazione e di pressione di fronte alle ambasciate e a palazzo Chigi perché mi pare evidente che è un vertice contro l’Italia e non “per l’Italia”. E’ un vertice per far passare la devastazione delle condizioni sociali del lavoro. Stiamo seriamente meditando di andare al Quirinale perché il ruolo del presidente è a dir poco esorbitante. E un ruolo politico di governo e non di istituzione.
Il vertice è una specie di convention bancaria per fregare i cittadini dei tre stati.

Da parte della stampa c’è un silenzio assordante
Si dimentica che il vertice serve a concordare le modalità in cui l’Italia aderisce al piano di rientro dal debito. Si presenta come una grande vittoria la dilazione di un anno. In realtà poi si presentano dieci anni di manovre pesantissime.

Quindi, l’obiettivo è creare un movimento che segua passo passo questa evoluzione?
La mobilitazione è un primo segnale perché daremo il via a una mobilitazione che il 10 marzo deve sfociare in una grande manifestazione a Milano. Passando attraverso le varie lotte come lo sciopero del sindacalismo di base il 27 gennaio e quello della Fiom l’11 febbraio. A Milano intendiamo fare un “occupy” a piazza Affari per mettere in discussione il dominio della finanza sulle nostre vite. E lo lanciamo a partire dal 20 gennaio.

La Cgil sembra molto estranea a tutto ciò
Il punto di fondo su cui c’è un disaccordo vero è il giudizio sul Governo Monti. Perché questo esecutivo ha nel suo dna la messa in discussione dei diritti sociali. Il tema di fondo è che non si può continuare a fare emendamenti, che peraltro non vengono nemmeno accolti. Bisogna fare una critica complessiva. Non c’è solo la messa in discussione dei diritti del lavoro, dell’articolo 18 e delle pensioni, ma c’è in programma la vergogna delle privatizzazioni lanciate per lo sviluppo ma in realtà per fare più profitti, mettendo in discussione il pronunciamento dei cittadini. La posizione della Cgil è assolutamente inadeguata rispetto a quello che c’è in gioco. Per essere brutali e semplici: non si può stare in mezzo. O si lotta fino in fondo contro Monti oppure andiamo al disastro. Monti è un’avversario molto più pericoloso di Berlusconi.

Cosa si prepara sull’Articolo 18?
Credo che l’Articolo 18 sia onestamente una specie di depistaggio. Sparano alto per colpire al punto dove vogliono colpire. Non vogliono abolire totalmente l’articolo 18 ma estendere il licenziamento economico senza passare per la trattativa. E questo passa per la trasformazione della cassa integrazione e un suo sostanziale svilimento. Questa è la manovra vera che serve e favorire i processi di ristrutturazione delle grandi aziende. La cosa più infame è che puntano alla guerra tra poveri spiegando che darà un reddito purché si cancelli la cassa integrazione.

Fonte: Contro la Crisi

Il Governo Monti contro l’acqua e la democrazia


Il re è nudo e finalmente tutti possono vederlo. Salutato come salvatore della patria e liberatore dall’incubo berlusconiano, il Governo “tecnico” dei professori, dopo aver approvato la prima fase d macelleria sociale come regalo natalizio, si appresta ora al secondo decisivo affondo : la cancellazione di ogni spazio pubblico nella gestione della società e delle comunità territoriali.

Incurante del fatto che la drammatica crisi globale in cui siamo immersi segni in prima istanza il definitivo fallimento delle politiche liberiste; indifferente al fatto che i referendum dello scorso giugno abbiano chiaramente indicato la fine del consenso sociale all’ideologia del “privato è bello”, il Governo Monti persevera imperterrito nella funzione per cui è stato voluto dai poteri forti economico-finanziari e subìto dall’inconsistenza politica dei partiti di centro-destra e di centro-sinistra: passare dal “privato è bello” al “privato è ineluttabile e obbligatorio”. Un modello capitalistico in crisi di sovrapproduzione da oltre due decenni, posticipata ad oggi grazie all’enorme espansione della speculazione finanziaria, di fronte al precipitare sistemico della propria crisi ha davanti a sé una sola strada per mantenersi in vita : smantellare totalmente i diritti del lavoro (fase 3 del Governo “tecnico”) e mettere a valorizzazione finanziaria tutti i beni pubblici, a partire da quelli ad alta redditività perché primari ed essenziali come l’acqua.

Ventisette milioni di donne e uomini di questo Paese, nel giugno scorso, hanno votato per l’affermazione dell’acqua come bene comune e diritto umano universale e per la sua gestione partecipativa e senza logiche di profitto. Le stesse donne e uomini hanno votato anche in difesa dei servizi pubblici locali contro le strategie di privatizzazione.

Quel risultato, frutto di una mobilitazione sociale dal basso e senza precedenti, costituisce la vera spina nel fianco dei poteri forti, intenti a trasmettere ad ogni piè sospinto le esigenze dei mercati, nuove divinità colleriche cui fare sacrifici per garantirsene la benevolenza.

Cancellare quel risultato diviene prioritario per poter procedere: e se non si può farlo con un consenso ormai perso, deve essere utilizzata l’autorità.

Solo così si spiega il disprezzo per il voto referendario espresso a più riprese in questi giorni da diversi esponenti di governo in trasmissioni televisive e in dichiarazioni sui mass media.

Solo così si spiega come, dietro la foglia di fico delle “liberalizzazioni” di alcune categorie di servizi, ci sia la volontà di intervenire sulla gigantesca torta dei servizi pubblici locali (70 mld di euro solo per gli investimenti negli acquedotti).

Nella crisi sistemica, l’antagonismo tra democrazia e mercato non potrebbe essere più evidente : per il prof. Monti –quello del ripristino del rispetto per le istituzioni- il voto consapevole e costituzionalmente garantito della maggioranza assoluta degli italiani nulla conta di fronte all’esigenza delle multinazionali francesi e nostrane di poter usufruire di un business garantito come quello sull’acqua.

La posta in gioco questa volta è drammatica : in gioco non c’è solo –e non è poco- un bene primario come l’acqua; sotto attacco c’è la democrazia, ovvero il diritto per le donne e gli uomini di questo Paese di poter decidere sui beni che a tutti appartengono e sulla loro gestione.
Il Governo Monti va immediatamente fermato. Possiamo farlo perché siamo molti più di loro, possiamo farlo perché consapevolmente abbiamo attraversato le strade e le piazze di questo Paese portando il nuovo linguaggio dei beni comuni e della democrazia partecipativa come risposta alla dittatura dei mercati finanziari; possiamo farlo perché tra la Borsa e la vita abbiamo scelto, tutte e tutti assieme, la vita.

Il re è nudo : riempiamo le piazze e, al suo passaggio, indichiamolo con il dito e sorridiamo di futuro.

Marco Bersani (Attac Italia)

Fonte: Federazione della Sinistra

Incontro 1: Unione Europea, BCE, Debito e sovranità monetaria

I Giovani Comunisti Torino inaugurano i cicli di formazione "Nuovo Immaginario"
Incontro 1 (in collaborazione con la Rivista Indipendenza)
Unione Europea, BCE, Debito e sovranità monetaria

Con:
Stefano D'Andrea - Curatore del sito Appello al Popolo
Dario Romeo - Rivista Indipendenza
Massimo Zanetti - Sociologo
Andrea Salutari - Giovani Comunisti Torino

20 gennaio 2012 Ore 20:30
Via Arezzo 1, Torino(Circolo PRC Libertini)

lunedì 9 gennaio 2012

Lo spettro dei rossobruni: sovranità, antimperialismo, patriottismo

I tragici episodi razzisti dei giorni scorsi (Torino e Firenze) hanno risvegliato nei compagni il pericolo di sempre. Il sistema? Il capitalismo? L'asse Pd-PDL, finalmente al governo insieme? Il commissariamento della BCE? No, i rosso-bruni.
L'articolo di Evangelisti  I ROSSO-BRUNI: VESTI NUOVE PER UNA VECCHIA STORIA sulla rivista "Su la testa" di Rifondazione Comunista fa un reportage molto sintetico sulla galassia della presunta terza posizione citando tra i tanti Grimaldi, Chiesa, Preve.
Vi pongo subito una domanda: perchè fino a ieri se si parlava di sovranità nazionale tra compagni si veniva additati come "rossobruni" o "fascisti" mentre oggi (grazie al commissarimento della BCE) lo stesso segretario nazionale di Rifondazione Comunista cita pubblicamente la "SOVRANITA' NAZIONALE"? La mia posizione è rimasta inalterata, ma il commissariamento ha finalmente aperto gli occhi anche a sinistra, anche nel mio partito.
Rifletteteci su ...

Preciso che sono stati citati Grimaldi, Chiesa, Preve "per motivi diversi".
"In equivoci analoghi cade abbastanza spesso Giulietto Chiesa, che con i rosso-bruni condivide l’interpretazione"

"Malgrado simili bizzarrie, alcuni transfughi della sinistra sono finiti per approdare ale sponde rosso-brune, con maggiore o minore consapevolezza [...] ma soprattutto è il caso del “filosofo marxista” Costanzo Preve, divenuto un autentico teorico del “comunitarismo”. Ha un suo sito, Comunismo e Libertà (prima si chiamava Comunitarismo.it), da cui divulga il nuovo verbo, sempre richiamandosi a Marx."

"Ancora meglio lo nasconde il sito Comedonchisciotte. Chi lo seguì dalla nascita, ricorda che in principio offriva da scaricare I protocolli dei Savi di Sion. Adesso pare un sito di estrema sinistra, che colleziona articoli di ogni tendenza. Fulvio Grimaldi, la cui collocazione a sinistra non è in discussione, lo linka sul suo blog, quasi fosse affidabile"

A differenza di altri compagni ho trovato l'impostazione di questo articolo sbagliata, quasi a legittimare la caccia passata, presente e futura dei compagni amici dei rossobruni, vedi i virgolettati qui sopra inseriti. Continuo:

"Il capitalismo è aborrito, ma identificato in sostanza con le banche e i grandi fondi di investimento"
In linea con Rifondazione che in questi mesi lancia slogan del tipo: no "L'Europa delle banche"

"A questo fine, va bene l’alleanza con tutti gli Stati e le forze che perseguono il medesimo obiettivo, dagli integralisti islamici, ai nazionalisti slavi, a paesi socialisti o socialisteggianti come Cuba, il Venezuela o altri dell’America Latina"
"Il conflitto di classe è taciuto o considerato “superato”. Non rientra negli schemi interpretativi. I rapporti di forza sono diventati “geopolitici”, e la Russia di Putin, la Cina o il Vietnam che promuovono il neocapitalismo, l’Iran ecc."

Anche qui bisogna stare attenti. L'Eurasia ovviamente non mi interessa. Ma innanzitutto rifiuto l'attacco gratuito al Partito Comunista Cinese e Vietnamita e al loro "neocapitalismo" (?), e ne constato la provenienza: la rivista di un partito comunista (?). Ma temo che la discussione sull'imperialismo rimanga sempre più emarginato dal nostro contesto politico e questo sarebbe un errore strategico fatale.

Torniamo all'origine dell'articolo.
1) Letture rossobrune
Perchè molti compagni, me compreso, leggono riviste come Eurasia ed altre elencate da Evangelisti?
La causa è evidente. Perchè vengono pubblicati argomenti spesso condivisibili, scritti con competenza. Se certi temi (come ad esempio la sovranità nazionale o l'antimperialismo) vengono volutamente censurati o ridimensionati a sinistra e cosa ancor più grave tra chi sogna una "prospettiva socialista", di fatto questi temi rischiano di diventare unici di rossibruni (veri o presunti che siano), che possono di conseguenza attrarre soprattutto i giovani compagni. Ed è una pratica in continuo aumento... Ma la colpa di chi è? Parte della colpa è della censura e del linciaggio che spesso proviene dalla sinistra italiana, anche dal nostro partito, al solo nominare certe tematiche.

2) Antimperialismo
I temi delicati tra i comunisti e la sinistra in Italia sono tanti. La geopolitica e l'antimperialismo la fanno da padrona.
A) Spesso, a sinistra, è quasi vietato difendere la sovranità di stati non allineati come l'Iran e la Libia. Cito questi due casi recenti perchè mi hanno visto nei mesi scorsi al centro di polemiche nazionali dentro e fuori il mio partito. Quando l'occidente mediaticamente attaccò l'Iran con il falso Sakineh, il mio partito a livello nazionale si schierò con le falsità occidentali. Da subito osai denunciare il falso e le macchinazioni occidentali sul caso. Dai miei dirigenti, anche nazionali, fui linciato, arrivarono a dire pubblicamente che io stavo con chi amava "frustare le donne". A distanza di un anno gli eventi mi hanno dato ragione, le scuse non sono arrivate. Ma non importa!
A me interessava raccontare la verità, ossia che era un falso mediatico per legittimare disordini e una possibile guerra contro l'Iran. Oggi è chiaro a molti che gli Stati Uniti hanno intenzione di rovesciare il governo iraniano, anche a costo di un nuovo conflitto mondiale.
B) Situazione analoga per la Libia. Fui tra i primi nel partito a denunciare la mente (ma anche soldi e armi) dei ribelli libici: l'occidente. Mentre una parte del mio partito, erroneamente, manifestava con i ribelli libici, io denunciavo l'imminente attacco imperialista contro uno stato sovrano non abbastanza allineato: la Libia. Ho difeso Gheddafi contro la guerra della Nato, con l'80% degli attacchi aerei provenienti dalla nostra Italia. Dal mio partito mi accusarono di essere "un amico di dittatori sanguinari". Anche sulla Libia la verità (una parte di essa) è venuta allo scoperto. Stesso copione. Nessuna scusa nei miei confronti, ma non importa.
Con questi due casi recenti ho solo desiderato mostrare le difficoltà, a sinistra, di parlare con serenità e conoscenza di antimperialismo.
Prossimanete a Torino presenteremo il documento di F.Grimaldi "Maledetta primavera" sulla guerra libica.
Non è un caso che Preve, Grimaldi e Chiesa (i tre citati da Evangelisti) furono tra i primi in Italia a condannare la guerra imperialista.

3) Patria e Antifascismo
A sinistra e tra i partiti comunisti italiani esiste ancora il tabù della Patria. Il tema della Patria, proprio come l'antimperialismo, dovrebbero essere parte fondante di un partito comunista. Non voglio, nuovamente, riportare la storia, mi limito ad un "Patria o Morte" di rivoluzionaria memoria.
Siamo stati attaccati, privatamente e pubblicamente di "fascismo" da una componente della FdS per aver organizzato un'iniziativa, in collaboazione con la Rivista Indipendenza, su Patria, Indipendenza e Antifascismo. A sinistra succede anche questo. Essere accusati di fascismo per aver organizzato un'iniziativa sull'antifascismo. Ma, come detto prima, viviamo dentro un paradosso vivente.
Nel pomeriggio avevamo commemorato il partigiano Dante di Danni e in serata avevamo discusso del legame tra Antifascismo, resistenza e patriottismo con partigiani e compagni. Erano presenti V.Gentili (autore del Libro sugli Arditi del Popolo) e Dal Bo (Co-autore del libro sulla resistenza del Martinetto).
Qui sotto gli interventi più interessanti

Francesco Labonia - Rivista Indipendenza
Dario Romeo - Rivista Indipendenza
Valerio Gentili - Autore del Libro Arditi del Popolo

Le accuse di fascismo ci arrivarono per i motivi più surreali. L'aver parlato di patria, l'aver collaborato con la Rivista Indipendenza, ma la più divertente è stata l'accusa di aver usato "eccessivamente la bandiera italiana".
Per inciso, siamo orgogliosi di aver fatto questa iniziativa e di essere stati, anche in questo, tra i primi nel partito a collaborare con questa valida rivista.


Riduco in sintesi così: se certi temi, come la sovranità nazionale, l'antimperialismo e addirittura l'antifascismo patriottico vengono censurati o maldigeriti da codesta sinistra e da una parte del partito mi pare poi conseguente l'allontanamento di molti compagni, e ancor più grave, la ricerca di questi temi in altre collocazioni politiche e culturali. Non attacco dunque a priori la conseguenza descritta da Evangelisti, critico semmai la mia parte politica. Proprio ora che ritorna la caccia agli "ingenui" o addirittura agli infiltrati veri o presunti, penso che bisogna far chiarezza subito!
Un modo sarebbe aprire, senza pregiudizi, un dialgo sui temi prima citati, sovranità, antimperialismo, patriottismo, tra noi compagni. Ora, grazie al commissariamento della BCE, il nostro stesso segretario cita apertamente, seppur timidamente, la sovranità nazionale.
Dire No al Debito, uscire dall'Unione Europea e dall'Euro è posizione minoritaria forse, ma non è più un tabù.
Si deve discutere di sovranità, antimperialismo, patria per una prospettiva socialista! La domanda non retorica che vi pongo è: si può?

Andrea 'Perno' Salutari

Fonte: Patria del Ribelle

venerdì 6 gennaio 2012

Lenin e la questione nazionale.

"Il proletariato della Russia non può fare a meno di marciare alla testa del popolo per la rivoluziune democratica vittoriosa (questo è il suo compito immediato) né può fare a meno di combattere assieme ai suoi fratelli, ai proletari d'Europa, per la rivoluzione socialista senza chiedere anche ora piena e incondizionata libertà di separazione dalla Russia per tutte le nazioni oppresse dallo zarismo. Noi rivendichiamo questo, non indipendentemente dalla nostra lotta per il socialismo, ma perché quest'ultima lotta resta una parola vuota se non è legata indissolubilmente all'impostazione rivoluzionaria di tutte le questioni democratiche, compresa quella nazionale. Noi esigiamo la libertà di autodeterminazione, cioè l'indipendenza, cioè la libertà di separazione delle nazioni oppresse, non perché sogniamo il frazionamento economico o l'ideale dei piccoli Stati, ma, viceversa, perché desideriamo dei grandi Stati e l'avvicinamento, persino la fusione, tra le nazioni su una base veramente democratica, veramente internazionalista, inconcepibile senza la libertà di separazione."

Il proletariato rivoluzionario e il diritto di autodecisione delle nazioni.
V.I.Lenin, ottobre 1915.

"niente ostacola tanto lo sviluppo e il consolidamento della solidarietà proletaria di classe quanto l'ingiustizia nazionale, e a niente sono così sensibili gli appartenenti alle nazionalità "offese" come al sentimento di eguaglianza e alla violazione di questa eguaglianza, anche solo per leggerezza, anche solo sotto forma di scherzo, alla violazione di questa eguaglianza da parte dei loro compagni proletari."

Sulla questione delle nazionalità o della "autonomizzazione"
V.I.Lenin, 1922

"L'ineguaglianza dello sviluppo economico e politico è una legge assoluta del capitalismo. Ne risulta che è possibile il trionfo del socialismo all'inizio in alcuni paesi o anche in un solo paese capitalistico, preso separatamente. Il proletariato vittorioso di questo paese, espropriati i capitalisti e organizzata nel proprio paese la produzione socialista, si solleverebbe contro il resto del mondo capitalista, attirando a sé le classi oppresse degli altri paesi, spingendole ad insorgere contro i capitalisti, intervenendo, in caso di necessità, anche con la forza armata contro le classi sfruttatrici ed i loro Stati. La forma politica della società nella quale il proletariato vince abbattendo la borghesia, sarà la repubblica democratica che centralizzerà sempre più la forza del proletariato di una nazione, o di più nazioni, per la lotta contro gli Stati non ancora passati al socialismo. Impossibile è la soppressione delle classi senza la dittatura della classe oppressa, del proletariato. Impossibile la libera unione delle nazioni nel socialismo senza una lotta ostinata, più o meno lunga, fra repubbliche socialiste e Stati arretrati."

Sulla parola d'ordine degli Stati Uniti d'Europa
V.I. Lenin, 1915

"è il senso d'orgoglio nazionale alieno per noi, proletari coscienti della Grande Russia? Certamente no! Noi amiamo la nostra lingua e il nostro paese, è noi stiamo facendo del nostro meglio per far innalzare le sue masse che duramente lavorano (ovvero i nove decimi della sua popolazione) ad un livello di coscienza democratica e socialista. A noi è assai più penoso vedere e percepire le violenze, l'oppressione e le umiliazioni che il nostro amato paese soffre per mano dei macellai dello zar, i nobili ed i capitalisti. Noi prendiamo orgoglio della resistenza a queste violenze che è scaturita dalle nostre file, dai Grandi-Russi. [..]

Noi siamo pieni di un senso di orgoglio nazionale, e proprio per questa ragione noi odiamo particolarmente il nostro passato schiavista (quando la nobiltà terriera guidò i contadini in guerra per soffocare la libertà dell'Ungheria, della Polonia, della Persia e della Cina), ed il nostro presente schiavista, quando proprio questi stessi proprietari terrieri, aiutati dai capitalisti, ci stanno guidando in una guerra per strangolare la Polonia e l'Ucraina, abbattere i movimenti democratici in Persia e Cina, rafforzare i Romanov, i Bobrinsky ed i Purishkevich, che sono il disonore della nostra dignità nazionale Grande-Russa. Nessuno è colpevole di essere nato schiavo. Ma lo schiavo al quale non solo sono estranee le aspirazioni alla libertà, ma che giustifica e dipinge a colori rosei la sua schiavitù (che chiama, per esempio, " difesa della patria " dei grandi russi lo strangolamento della Polonia e dell'Ucraina), un tale schiavo è un lacchè e un bruto che desta un senso legittimo di sdegno, di disgusto e ripugnanza.

"Nessuna nazione può essere libera se opprime altre nazioni", dicevano Marx ed Engels, i più grandi rappresentanti della coerente democrazia del diciannovesimo secolo, che divennero i maestri del proletariato rivoluzionario. E, pieni di un senso d'orgoglio nazionale, noi, operai Grande-Russi, vogliamo, qualunque cosa accada, una libera ed indipendente, democratica, repubblicana e orgogliosa Grande-Russia, una che basi i suoi rapporti con i suoi vicini sul principio umano di uguaglianza, e non sul principio feudalista del privilegio, così degradante per una grande nazione."

Sull'orgoglio nazionale dei Grandi-Russi
V.I. Lenin, 1914

mercoledì 4 gennaio 2012

Basta con le chiacchiere. Lottiamo per far cadere il governo Monti

Per far del bene ai giovani il governo ha deciso che si dovrà lavorare fino a 70 anni. Saranno proprio i giovani a vedere allungata in maniera così stupida e barbara la loro vita lavorativa prima della pensione.

Perché proprio per essi varrà di più il meccanismo di penalizzazioni e compensazioni che costringerà chi ha lavoro, se ha la fortuna di conservarlo e di restare in salute, di restarvi fino a tarda età.

Allo stesso modo ora, sul mercato del lavoro, si vuol fare altrettanto bene sempre ai giovani. Si propone, ci par di capire, un contratto a tempo indeterminato che abbia però un lunghissimo periodo di prova, da tre anni in su, durante il quale sia libera la possibilità di licenziare per il padrone. A parte la stupidità di un provvedimento che vuole favorire l'occupazione con più facilità di licenziamento. A parte il fatto che l'essenza della precarietà è proprio il ricatto permanente sul posto di lavoro, che qui viene formalizzato nel periodo di prova infinito. A parte il fatto, insomma, che questo contratto è semplicemente il cavallo di Troia attraverso il quale passa la demolizione dell'articolo 18 per tutti i lavoratori; così come si è esteso a tutti i lavoratori il contributivo sulle pensioni, dopo che inizialmente lo si era affibbiato solo ai più giovani. A parte tutto questo, la malafede dell'operazione sta nel fatto che questo contratto "nuovo" si aggiunge semplicemente agli altri precari già esistenti, non ne cancella neanche uno. Sostanzialmente avremmo quindi il 46esimo contratto precario, dopo i 45 già definiti dal pacchetto Treu e dalla legge Biagi. Anche qui, dunque, per favorire i giovani, li si colpisce e se ne aumenta la precarietà.

Il governo Monti, d'altra parte, ha un mandato preciso, che non è quello del parlamento italiano e neanche quello del Presidente della Repubblica, il quale dovrebbe ricordare che l'Italia non è una repubblica presidenziale.

Il mandato di Monti nasce prima di tutto da due privati cittadini, che in virtù del potere della Banca centrale europea, si sono permessi di indicare il 5 agosto 2011 ai governi italiani, tutti, cosa dovrebbero fare. Tra i tanti appunti della lettera Draghi-Trichet è bene ricordare quello che recita: "dovrebbe essere adottata una accurata revisione delle norme che regolano l'assunzione e il licenziamento dei dipendenti…".

Nessuno faccia il furbo, quindi. Davvero non ne possiamo più di piccoli imbrogli e ipocrisie. Il governo Monti deve portare in Europa lo scalpo dell'articolo 18, o almeno un pezzetto di esso. Questo per rendere il lavoro sempre più flessibile e precario, anche con la distruzione del contratto nazionale, anch'essa chiesta dalla Bce e praticata da Marchionne. La linea di politica economia reazionaria dell'attuale governo è in piena continuità con quella del governo precedente. Anche nelle procedure e nel linguaggio, visto che Monti, come Berlusconi, rifiuta la concertazione da destra e propone un vuoto dialogo sociale, che nella sostanza serve solo ad autorizzare il governo a fare quello che vuole.

Sulle pensioni il sindacato confederale italiano ha subito una sconfitta drammatica. E' la prima volta, nella storia del nostro paese, che si fa una controriforma del sistema previdenziale di tale portata e contro tutto il sindacalismo confederale. E' chiaro che questo è voluto. Il governo Monti deve dimostrare all'Europa delle banche che prende a calci nel sedere i sindacati, sperando che così lo spread cali.

L'epoca delle chiacchiere è finita, anche per il sindacato. E' inutile piangere, è inutile lamentarsi. Monti è lì solo per fare quel massacro sociale che a Berlusconi non sarebbe riuscito per la scarsa credibilità accumulata. Allora, visto che ci trattano come i greci, bisogna fare come in Grecia: scioperare e lottare esplicitamente contro questo governo, con l'obiettivo di farlo cadere. Tanto lo spread va comunque per conto suo, nonostante i nostri drammatici sacrifici.

Giorgio Cremaschi


Fonte: Contropiano

martedì 3 gennaio 2012

Liberazione - Lettera aperta ai militanti comunisti

Lettera aperta ai militanti e ai circoli del Partito della Rifondazione Comunista

Care compagne, cari compagni
questo giornale che ora potete leggere solo in rete ma che speriamo possiate tornare presto a trovare in edicola, esce grazie alla lotta e al senso di responsabilità delle lavoratrici e dei lavoratori di Liberazione. Da tre settimane, prima con un’assemblea permanente e ora con l’occupazione aperta della redazione, abbiamo evitato che di questo giornale si parlasse ormai solo al passato. Gli sciagurati tagli al finanziamento pubblico all’editoria, decisi dal governo Berlusconi e confermati dal governo Monti, e l’incertezza sulle future modalità di sostegno pubblico al pluralismo dell’informazione, che hanno spinto il nostro editore a quella che noi consideriamo un scelta suicida, vale a dire la sospensione delle pubblicazioni del giornale dal 1 gennaio, ci hanno spinto a un gesto estremo di responsabilità: abbiamo deciso di continuare a far vivere Liberazione, trasformando il nostro lavoro quotidiano in redazione (ora svolto in condizione di ferie coatte e con lo spettro dalla cassa integrazione a zero ore per tutti), in uno strumento di lotta perché si riapra la trattativa sindacale per assicurare un futuro a Liberazione e ai suoi lavoratori.
Sappiamo infatti quanto prezioso sia per voi questo giornale. Sappiamo come, seppur ridotto nelle pagine e con sempre meno risorse, Liberazione resti uno strumento importante per la battaglia politica in cui siete impegnati ogni giorno, per il lavoro di inchiesta che accompagna le lotte, per il dibattito e per la vita stessa del Partito. E lo stesso vale per le mille realtà sociali, di movimento, che conducono lotte e vertenze sul territorio e che spesso solo su queste pagine hanno trovato visibilità e ascolto. Sappiamo quanto Liberazione, pur con la sua piccola voce, abbia fatto in questi anni la differenza per tutte e tutti voi. Oggi tutto questo è a rischio.

Se il giornale restasse infatti per troppi giorni lontano dalle edicole, rischia di perdere il diritto di usufruire in futuro dei finanziamenti pubblici che lo fanno vivere. Per evitare questo pericolo abbiamo proposto al nostro editore di affrontare le prossime settimane continuando a uscire, riducendo ulteriormente i costi a cominciare dal costo del lavoro, in attesa che il governo stabilisca con precisione i nuovi criteri del finanziamento pubblico. Fino ad ora le nostre proposte non sono state ascoltate, ma proprio in queste ore sembra aprirsi uno spiraglio per il confronto con l’editore: non mancheremo di percorrere tutte le strade possibili.

Nel frattempo noi rimaniamo qui, dormiamo ogni notte tra scrivanie e computer, accanto a quelli che sono i nostri strumenti di lavoro, per continuare a fare questo giornale che consideriamo un bene comune, nostro, che lo costruiamo ogni giorno, e vostro, che ne siete l’anima, e dell’intera sinistra sociale.
E’ per questo che oggi ci permettiamo di chiedervi di condividere fino in fondo questa battaglia, quella per mantenere in vita Liberazione, come già fate ogni giorno sottoscrivendo per il giornale e moltiplicando ovunque le iniziative di sostegno. Vi chiediamo di esprimervi, di rivolgervi a tutti i dirigenti del Prc, il socio unico del nostro editore, per chiedere che si possa aprire una trattativa vera, perché questa crisi la si possa attraversare tutti insieme, tenendoci per mano. In questi giorni, in queste ore si decide il futuro di questo giornale, del nostro e vostro giornale e pensiamo che nessuno possa assistere senza reagire a questa agonia, senza nemmeno provare a salvare Liberazione.

Questa lettera è scritta con la determinazione di chi sta lottando per la difesa del proprio posto di lavoro, ma anche con la passione di chi parla di una cosa cara che vede minacciata. Pensiamo che questa battaglia sia anche la vostra battaglia e che insieme la si possa vincere.
La nostra occupazione è aperta a tutte e tutti voi, come a tutte le realtà toccate dalla crisi. Vi aspettiamo tutte e tutti qui a Occupy Liberazione e, se non potete essere con noi fisicamente, vi invitiamo a scriverci a incontri@liberazione.it o a Liberazione, Viale del Policlinico 131, 00161 Roma.

Le lavoratrici e i lavoratori di Liberazione






COMUNICATO STAMPA DEI LAVORATORI DI LIBERAZIONE

Il senso di responsabilità e la ferma determinazione dell’assemblea permanente unitaria dei lavoratori di Liberazione dà i primi fruttI. Oltre al mare di solidarietà che inonda fin dal primo giorno la redazione occupata di viale del Policlinico, ora giunge anche un segnale dalla Mrc. L’editrice di Liberazione rompe il silenzio dopo la rottura del tavolo di trattativa nazionale presso la Fieg del 27 dicembre per annunciare finalmente la propria «piena disponibilità a valutare tutte le proposte utili a trovare positive soluzioni» alla vertenza aperta sul giornale. Le rappresentanze sindacali, che avevano presentato al tavolo appunto una proposta alternativa di azioni sui costi (in primis quello del lavoro, nonostante i sacrifici durissimi già in atto) e sui ricavi, finora né discussa né presa in considerazione, apprezzano. Di particolare rilievo l’interesse espresso dall’editore per ipotesi finalizzate a salvaguardare «la continuità editoriale» e «occupazione». Un notevole passo avanti da parte di chi si era seduto al tavolo comunicando la volontà di sospendere l’uscita in edicola e chiedere la Cassa integrazione a zero ore per tutti. Le comunicazioni restano contraddittorie, visto che la presa di posizione indirizzata al Cdr (e non alla Rsu dei poligrafici, supponiamo per disattenzione) giunge in contemporanea con la lettera raccomandata con la quale la stessa Mrc comunica al Ministero del Lavoro la contestabile determinazione di annullare gli ultimi accordi, tra i quali quelli che stabiliscono i contratti di solidarietà in corso, e la richiesta alla Regione Lazio per la cassa integrazione. Nonostante questo, il Cdr e la Rsu di Liberazione confermano a loro volta la piena e totale disponibilità al confronto con l’editore, a partire dalla proposta alternativa già portata al tavolo, per costruire una soluzione ponte che, salvaguardando integralmente i livelli occupazionali esistenti, permetta alla testata di giungere viva al nuovo regolamento di settore e ai nuovi stanziamenti pubblici. La redazione, messa in ferie coatte dall’editore, attende l’invito per un incontro urgente continuando l’occupazione e producendo, con la direzione, un giornale di lotta.

il Cdr, la Rsu, l’Assemblea permanente di Liberazione

lunedì 2 gennaio 2012

Nazionalizzare le banche

E se la breve e ridicola campagna per cancellare l'articolo 18 fosse stata solo un depistaggio? Sì, certo, Fiat, Fincantieri, il grande padronato italiano, tutti assieme non vedono l'ora di avere la libertà di licenziamento. Tuttavia la goffaggine con la quale la ministra del lavoro ha portato avanti la sua offensiva contro lo Statuto dei lavoratori mi ha fatto venire qualche dubbio. Così infatti è passata in secondo piano la catastrofe della manovra appena approvata e in particolare il massacro sociale sulle pensioni che colpisce vergognosamente gli operai e le donne. E così è passata sotto silenzio la scandalosa manovra finanziaria attuata in questi giorni dalla Bce. Ben 500 miliardi di euro sono stati prestati alle banche europee al tasso natalizio dell'1%. 116 di questi miliardi sono stati accaparrati dalle banche italiane. E' bene ricordare che lo stato italiano, se vuol fare prestiti per finanziare il debito con cui si pagano anche i beni e i servizi sociali, deve pagare il 7%, per ora, di interessi. Le banche hanno ottenuto questa cifra enorme con il tasso dell'1%, per cui se decidessero di prestare i soldi allo stato italiano, solo in virtù di questa operazione, guadagnerebbero il 6%.

Non sappiamo se lo faranno, perché la speculazione finanziaria dice alle banche di non acquistare buoni del tesoro. Quindi può darsi che quei soldi, versati dai cittadini europei, è bene ricordarlo, vadano persino in altri lidi, verso altre scelte speculative. Il peso complessivo delle manovre Berlusconi, Monti, Tremonti è di 75 miliardi di euro che gravano per il 90% su salari, pensioni, servizi sociali. Alle banche è stato dato molto di più di quello che i governi ci hanno preso.

Questa è l'Europa reale di oggi. Sbaglia il Presidente della Repubblica nell'esaltare la necessità di sacrifici nel nome di valori europei che in realtà non esistono. L'Europa di oggi è governata da un'alleanza tra tre grandi forze. La finanza internazionale, la tecnocrazia liberista, i governi di destra. Costoro sono quelli che comandano e le sinistre che accettano i loro ordini, in Italia come in Grecia come in tutta Europa, o si suicidano o diventano altro. Oppure entrambe le cose assieme.
No, quest'Europa della speculazione finanziaria che presta soldi alle banche ma che nello stesso tempo chiede agli stati di licenziare, di chiudere i servizi pubblici e distruggere i contratti nazionali, quest'Europa è oggi il nostro avversario. E per combattere questo avversario dobbiamo mettere in campo altri obiettivi, altre politiche rispetto a tutte quelle che si succedono stancamente nel disastro. Prima di tutto è chiaro che il finanziamento alle banche a fondo perduto deve finire. E' una scelta di buon senso che le banche, salvate dai nostri soldi, siano prese direttamente in mano pubblica. E così governate al fine di tagliare le unghie alla speculazione finanziaria e per fornire all'economia quel credito che oggi viene concesso a tassi di usura.
Il debito pubblico va congelato e ricontrattato. In ogni caso non può pesare a questi tassi di interesse su economie già in recessione. Gli economisti antiliberisti oggi sono divisi tra chi pensa prioritario uscire dall'euro, moneta che oggi strangola la ripresa economica, e chi invece ritiene indispensabile prima di tutto non pagar più il debito, almeno alla finanza internazionale. In realtà questa divisione non ha molto senso, perché la sostanza di tutte le posizioni critiche è che noi non possiamo più accettare i vincoli imposti dal potere tripartito che governa l'Europa.

Dobbiamo rilanciare l'economia reale partendo dai beni comuni e dai servizi pubblici, dobbiamo aumentare i salari e i redditi, dobbiamo trasferire ricchezza dalla speculazione finanziaria e dai grandi patrimoni ai cittadini in difficoltà. Tutte queste misure richiedono che salti completamente quel meccanismo di salvaguardia dell'euro e della finanza che oggi, sotto il nome di patto di stabilità, sta destabilizzando le vite della maggioranza dei popoli di tutta Europa. La nazionalizzazione delle banche è quindi solo un passo necessario per riconquistare il potere democratico di decidere sul nostro futuro, per sottrarre alla finanza internazionale impazzita il potere di decidere sulle nostre vite.
Finché non si percorrerà una strada di rottura in questa direzione continueremo a fare sacrifici sociali e di diritti sempre più ingiusti quanto inutili. Questa è la sostanza, questo è ciò che abbiamo di fronte nel 2012.
Dobbiamo darci obiettivi ambiziosi, ambiziosi non perché irrealistici, ma perché mettono in discussione il sistema di potere finanziario che ci impone i suoi diktat distruttivi. Dobbiamo sperare e operare affinché l'Europa del lavoro e dei popoli si ribelli all'Europa dei padroni e delle banche.

Giorgio Cremaschi

fonte: Liberazione del 24/12/2011

Tav, il non-cantiere diventa sito strategico

di Giulia Zanotti

Il 2012 inizia con un sapore diverso in Valsusa. Non certo perchè l'assedio di mezzi e uomini delle forze dell'ordine, che dallo scorso giugno presidiano la zona dove dovrebbe sorgere la linea ad alta velocità Torino-Lione, è terminato. Anzi, quelli ci sono sempre. Come i metri di reti e filo spinato e i muri di recente costruzione. Quello che è cambiato, invece, è che dalla mezzanotte del primo gennaio il cantiere della Maddalena di Chiomonte è diventato "sito strategico di interesse nazionale".


Una formula che vuole dire semplicemente che d'ora in poi si useranno metodi ancora più severi nei confronti di chiunque si avvicina alla zona e alle recinzioni. Si parla di multe salatissime e di arresti. Poco di nuovo, in realtà, per il movimento No Tav. Già, perchè nei mesi scorsi, quando l'area non era ancora "strategica" bastava comunque un nonnulla per rischiare denunce e arresti. E' solo di settimana scorsa l'ultimo esempio, quando alcuni studenti in gita con i loro insegnanti sono subito stati identificati perchè camminavano nei pressi del cantiere.

Intanto, prosegue come sempre la protesta dei No Tav che la notte del 31 dicembre hanno festeggiato il nuovo anno nei pressi del cantiere con bandiere e fuochi di artificio. Sicuri che anche nel 2012 la Valle continuerà a resistere.

Grazie Simonetta Zandiri e il Tg Maddalena per il materiale

Fonte: Nuova società