La metafora utilizzata dall’ex presidente della camera Fausto Bertinotti, il treno lanciato a cui nessuno può far cambiare strada, trova la sua materialità a Torino, città che racconta il futuro come già tante volte ha fatto in passato. Per giungere a questa conclusione è necessario ricostruire cosa è accaduto nel capoluogo piemontese negli ultimi mesi.
In primavera, Giorgio Airaudo, responsabile settore auto della Fiom dopo aver lasciato orfana la città che sperava in un cambiamento con la sua candidatura alle primarie del centro sinistra, lanciava politicamente Michele Curto di Sel, poi divenuto consigliere di maggioranza con un buon numero di voti. Sempre ad aprile Vendola planava a Torino e in piazza Carignano teneva un comizio insieme al futuro sindaco della città. In quel contesto i due non parlarono di Fiat o Tav, ma si spesero entrambi in difesa dei beni comuni.
Sono passati solo pochi mesi da quei giorni e la giunta Fassino, che va dal centro moderato fino a Sel, dimostra che il treno inventato da Bertinotti non solo non può cambiare strada, ma non riesce nemmeno rallentare. Su Fiat e Tav in giunta non c’è nemmeno discussione e chi a sinistra prova ad alzare il dito, Michele Curto di Sinistra Ecologia e Libertà, viene semplicemente ignorato. Ma la novità di questi giorni è un piano di privatizzazioni selvagge delle municipalizzate più importanti, gli ex gloriosi beni comuni. Un progetto voluto dal vicesindaco Tom D’Alessandri, che tre anni fa si spese per vendere le farmacie comunali, e dell’assessore al bilancio Guido Passoni, scuoterà dalle fondamenta l’idea che le istituzioni possano essere un soggetto attivo nella gestione dei beni pubblici. Sul mercato andranno la Gtt, l’ex municipalizzata dei trasporti che si ha vinto tramite gara la copertura della rete torinese, Amiat, l’azienda che raccoglie i rifiuti, e la nuova Trm, la ditta che gestirà il nuovo inceneritore di Torino. Un fabbrica di rifiuti da bruciare impressionante, così sovradimensionata che potrà ricevere immondizia da tutta Italia, generando un giro d’affari enorme.
Il piano del duo Passoni-D’Alessandri prevede che la Finanziaria Comune di Torino (Fct) comprerà il 40% di ciascuna società sulla base del valore che banche private d’affari (Meliorbanca, A&G e Deloitte) daranno alle aziende. E qui dovrebbe finire la storia. Invece no. Perché il comune cederà a Fct anche il restante 60%, ovvero le quote con le quali il Comune di Torino vorrebbe continuare a controllare le tre strategiche aziende. Come è evidente si tratta di un gioco di scatole cinesi. Inizialmente dentro il Palazzo di Città si era parlato di acquirenti preferibilmente finanziari, ma ora è stato esplicitato che potranno essere anche industriali. In poche parole si puntava a far entrare le fondazioni bancarie, ritenute più buone e generose ma attualmente le tre aziende potrebbero essere “controllate” da imprenditori privati. Le ragioni di fondo legate a questa operazione sono da ricercare, come candidamente ammettono da Passoni e Fassino, nell’indebitamento di Torino. Come tutte le sbronze anche quella post olimpica presenta gravi controindicazioni.
Il progetto è così sbilanciato che perfino all’interno del Pd locale ci sono mugugni, ed anche dentro Sel. Tutti pietiscono dialogo e collegialità in difesa dei gloriosi beni comuni.
Juri Bossuto, candidato sindaco per Fds- Sinsitra Critica commenta: “Investimenti pubblici molto consistenti, metropolitana e inceneritore, rischiano di essere regalati ai privati. Quanto accade dimostra la bontà della politica di Rifondazione che, differentemente da molti, non ha mai voluto scendere a compromessi sulla questione dei beni comuni. Una scelta di coerenza che abbiamo pagato duramente in termini elettorali. Ma ora i nodi stanno venendo al pettine dei cittadini. Nodi che si chiamano: costo del biglietto del bus e aumento della bolletta dei rifiuti. Che dire poi della situazione scandalosa degli asili municipali?” Ma questa è un’altra storia..
Maurizio Pagliassotti
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