Per chi vive in Val Susa ciò che stupisce maggiormente sono i titoli dei giornali che urlano una qualche manifestazione Notav. Ieri è stata la volta del blocco del Tgv proveniente da Parigi la cui corsa è stata fermata a Bussoleno da circa mille manifestanti.
I valsusini, molti muniti di regolare biglietto che dà il diritto di poter stare sulla banchina, non hanno occupato i binari e la loro presenza ha impedito che la corsa del treno francese proseguisse verso Torino. Ma questa non è una notizia perché se non è proprio routine poco ci manca. Ben altre riflessioni invece dovrebbero emergere. Da circa sei mesi una comunità sta portando avanti una lotta determinata e quotidiana, e l'idea che ogni tanto un gruppetto di scalmanati più o meno numeroso si svegli e combini un guaio è risibile. Assomiglia alle assicurazioni che la coppia Virano-Ferrentino raccontavano ai giornali ed allo stesso Governo: situazione migliorata rispetto il duemilacinque. Il primo ultimamente tace perché conosce la reale gravità in essere. Il secondo è invece un enigma avvolto da un mistero: ex barricadero oggi ha posizioni ambigue sul progetto in sé, e molto critiche sul movimento che lui stesso ha contribuito a creare e che, in buona parte, lo ha abbandonato al suo destino.
Il conflitto in val Susa è quindi permanente da circa sei mesi e non si vedono segni di stanchezza. Anzi. Se è vero che le marce pure e semplici sono meno numerose che in passato è bene sottolineare che l'adesione alla disobbedienza civile, e anche qualcosa in più, è diventata di massa. Sei anni fa i Tgv provenienti dalla Francia venivano bloccati da cento persone. Ieri erano almeno dieci volte di più.
Il cantiere luna park centra relativamente con questa recrudescenza della lotta. Impatto maggiore arriva dalla quotidianità. I posti di blocco nella valle sono pesanti, la presenza di una cesoia nel bagagliaio necessita di mille giustificazioni, e le denunce sono ormai dozzine. Si aggiungano gli scontri verbali con militari talvolta arroganti e aggressivi. Anche per queste ragioni i treni vengono bloccati e la gente va tutti i giorni alla baita presidio facendo chilometri di sentiero in montagna, solo per fare due esempi. Basti pensare al Gruppo Cattolici per la Valle che quotidianamente raggiunge il pilone votivo adiacente le reti del cantiere e prega di fronte ai poliziotti robocop che osservano basiti.
Ci sono poi le barricate di carta che la Comunità Montana guidata da Sandro Plano continua a produrre. Per giovedì invece il menù prevede una fiaccolata che vedrà partecipare, minimo, diecimila persone. Ancora: tutti i paesi che si susseguono lungo le due statali che attraversano la Val Susa sono tappezzati di bandiere Notav, innalzate non solo da singoli cittadini ma dalle stesse amministrazioni comunali. L'idea quindi che una volta iniziati i lavori la valle digerisse il boccone si è rivelata l'ennesimo atto di sciatteria istituzionale. Il governo Monti ripete ciò che fece Berlusconi. Ad entrambi la val Susa chiede solo l'apertura di un dialogo sull'utilità dell'opera, cosa si sta aspettando?
Maurizio Pagliassotti
Fonte: Liberazione
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