sabato 18 febbraio 2012
Le mani della ‘ndrangheta sulla Val di Susa
In Val di Susa c’è una guerra. Non quella tra i No Tav e i sostentori dell’Alta velocità, ma uno scontro totale tra cosche della ‘ndrangheta. Dalla relazione 2011 della Direzione Nazionale Antimafia, emerge un quadro più che inquietante sull’andamento dei lavori per la costruzione della tratta Torino-Lione.
“Monitorare da vicino – si legge nella relazione – i lavori per la Tav che interessano la Val di Susa, l’andamento degli appalti e dei sub-appalti, nei quali è notorio che avvengono infiltrazioni della criminaltià organizzata. Con riguardo alle complicità e collusioni con esponenti della politica. Le indagini svolte dimostrano che il momento in cui è più facile accertarlo è in occasione delle consultazioni elettorali, in cui sono inevitabili i contatti tra i candidati disponibili ai compromessi e i responsabili delle ‘famiglie’ mafiose in grado di manovrare voti”.
Sin dagli anni ’70 il Piemonte si vede coinvolto in storie di ‘ndrine, una realtà ramificata su diversi comparti: dalla droga allo sfruttamento della prostituzione, dall’estorsione al gioco d’azzardo, dal traffico d’armi fino all’imprenditoria. E’ il 9 giugno del 2011 quando la colossale operazione ‘Minotauro’ porta all’arresto di 151 persone in tutta l’Italia, con 9 locali individuati proprio in Piemonte.
Dalle indagini, condotte comando provinciale dei carabinieri di Torino, spuntano rivelazioni sui rapporti tra le ‘ndrine calabresi e forze politiche, funzionari delle istituzioni e mondo imprenditoriale. “L’amorevole intreccio tra criminalità organizzata e politica dà a quest’inchiesta un risvolto inquietante. Il voto di scambio avveniva a qualsiasi livello. È una vergogna inaccettabile”, queste le parole pronunciate allora dal procuratore torinese Giancarlo Caselli. Dalle intercettazioni, poi, spuntò anche il nome dell’attuale sindaco di Torino, Piero Fassino. In una telefonata intercorsa tra l’onorevole Mimmo Lucà, esponente delle Acli sabaude, e il boss della ‘ndrangheta di Rivoli, Salvatore De Maso, si parla delle primarie del centrosinistra e di quale candidato ‘sostenere’. “Ecco che io sto sostenendo Fassino – dice Lucà al telefono -… Perché la partita è molto dura con Gariglio. Se magari hai qualche amico a Torino..”. “Si sì – risponde De Maso-, che ne ho. E facciamo.. facciamo, diciamo questi che conosciamo facciamo votare Fassino”. “Va bene e poi io, subito dopo, ci vediamo a bere un caffè. Magari così facciamo una chiacchierata”. Il giorno delle primarie, poi, è De Masi che chiama Lucà: “Ho fatto qualche commissione tutta la mattinata a Torino. Per il nostro amico. Comunque io dico che dovrebbe andare bene”. Ma l’onorevole torinese è ancora preoccupato: “Anche se è una battaglia abbastanza complicata”. De Masi conferma: “Eh perché insomma l’altro si è dato molto da fare anche”. L’altro sarebbe Davide Gariglio, il principale concorrente di Fassino per la candidatura a sindaco, il quale, dice ancora Lucà “ha anche lavorato molto sui Calabresi”.
Ed è qui che il racconto torna a intrecciarsi con le vicende dell’Alta Velocità. Il piatto della tratta Torino-Lione è particolarmente ricco, tra appalti e sub-appalti, si parla addirittura di un costo complessivo di 35 miliardi di euro in totale. Stime al ribasso, visto che le altre tratte ad Alta Velocità fatte in Italia hanno visto il loro costo crescere in maniera esorbitante durante i lavori. Tanto per dire, la Roma-Firenze è cresciuta di 6,8 volte rispetto ai preventivi, la Firenze-Bologna di 4 volte, la Milano-Torino di 5,6 volte.
Soldi usciti dalle casse statali ed entrati nelle taschi di non si sa chi. Di queste storie e delle infiltrazioni malavitose nell’attivazione delle tratte se n’è parlato parecchio negli anni passati, ma ogni volta che rispunta fuori un progetto di treni ad alta velocità, si fa sempre finta di non ricordare.
Fonte: lsmetropolis
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